La riabilitazione ortopedica in età pediatrica rappresenta un campo totalmente a se stante rispetto alla rieducazione funzionale nell’adulto.

Infatti i soggetti in età evolutiva hanno a loro favore un veloce ed efficace processo di guarigione biologica tissutale, ma come controparte si portano dietro un vissuto emotivo negativo per un periodo di tempo molto più prolungato rispetto a ciò che avviene nei soggetti adulti.

Questo significa che  le loro ferite si rimarginano molto più rapidamente a livello biologico che a livello emotivo, e spesso ciò si manifesta nel fatto che, sebbene a livello clinico e anche radiologico la problematica ortopedica risulti perfettamente risolta, il piccolo paziente tende a mantenere un atteggiamento di protezione (se non addirittura di rifiuto ed esclusione dal normale schema motorio) del segmento interessato (identificato come “ferito”).

Per questo motivo è fondamentale approcciarsi ai pazienti in età evolutiva in una maniera del tutto differente anche in campo riabilitativo: in primo luogo rispettando e prestando la dovuta considerazione a quella che è la ferita “emotiva” del nostro piccolo paziente, in seguito facendoci accettare in maniera graduale e ben tollerata, e solo in ultimo occupandoci del reale problema ortopedico, sempre e comunque presentando il trattamento sotto forma di gioco, affinchè risulti gradito al piccolo.

Ecco quindi che problematiche muscolo-scheletriche, quali, ad esempio, fratture osteo-articolari, muscolo-tendinee, capsulo-legamentose, così some dismorfismi anatomici e/o funzionali (quali i cosiddetti piedi piatti, piede torto congenito, scoliosi) possono essere trattati e risolti in maniera tollerata ed efficace, senza che i piccoli vivano questo percorso in maniera negativa.

Gli strumenti atti a questo scopo sono molteplici: dal trattamento manuale all’esercizio proposto sempre come gioco, fino al lavoro in palestra o in piscina nelle fasi più avanzate.

E’ fondamentale per il terapista dell’età evolutiva avere chiari in ogni momento e fase del percorso riabilitativo gli obiettivi che si intende raggiungere dal punto di vista fisioterapico e funzionale,  e costruire in funzione di ciò la seduta da proporre di volta in volta al piccolo paziente.

Più che in qualsiasi altra relazione terapista-paziente, nell’ambito pediatrico è determinante ai fini del buon esito del percorso riabilitativo conquistare la fiducia e la compliance dei bambini; per questo motivo il fisioterapista deve apparire il meno possibile come un “medico” o un “operatore sanitario” (in quanto spesso i piccoli hanno già vissuto esperienze che hanno metabolizzato come negative e associato a queste figure professionali sanitarie) e più preferibilmente vestire i panni del “compagno di giochi”, con cui il bimbo viene a “fare ginnastica” a cadenza regolare.

Minore è l’età dei piccoli pazienti, maggiore è l’importanza del ruolo dei genitori come tramite nella costruzione di questa relazione, e quindi, di conseguenza, nel successo terapeutico del percorso riabilitativo: è fondamentale predisporre, soprattutto nelle prime fasi del trattamento, delle sedute “a 3”, in cui le attività vengono proposte ed eseguite congiuntamente da bambino, genitore e terapista; in seguito la figura del genitore verrà progressivamente allontanata, sempre adattandosi ai bisogni del piccolo, per permettergli di avere un ruolo più attivo ed autonomo nella sua stessa guarigione. Questa dinamica è molto variabile in quanto fortemente condizionata dall’età e dal carattere del paziente.

Dal punto di vista più strettamente tecnico e pratico della riabilitazione, occorre sottolineare che risulta chiaramente impossibile proporre loro lo stesso iter che si dimostrerebbe efficace per riabilitare un adulto: la stessa terapia manuale (massaggio compreso) spesso è mal tollerata dai bambini, ed è necessario “farci accettare”, magari spiegando prima, in termini per lui/lei comprensibili, cosa andremo a fargli/le, farlo sperimentare sul lato sano, e/o distraendo la sua attenzione con giocattoli o altro. Anche la costruzione della parte attiva e dinamica della seduta deve sempre essere filtrata e presentata sotto forma di gioco, sfida o”missione”, affinchè tutto risulti leggero e divertente per i piccoli pazienti: è cosi che una spalliera può divenire una piccola montagna da  scalare, un percorso sui dischetti per la propriocettiva diventa un sentiero da percorrere per attraversare un fiume, sul tappeto elastico si gioca alla “settimana” e “sacco pieno/sacco vuoto” si trasforma in un esercizio di allungamento delle catene muscolari accorciate. Una volta chiaro l’obiettivo fisioterapico e riabilitativo da raggiungere, per il terapista dell’età evolutiva è fondamentale lavorare di fantasia!

Solo in questo modo si raggiungerà lo scopo di ottenere un efficace recupero strutturale e funzionale, accompagnato, cosa ancora più importante, sia dal pieno reintegro del segmento leso nel corretto schema corporeo, che dalla riconquista della fiducia del bambino nel proprio corpo e nelle proprie capacità, abbandonando quel vissuto negativo e quella paura che altrimenti ne condizionerebbero i movimenti, nonostante la potenziale guarigione biologica già avvenuta.

Fonte Fisioo.it